mercoledì 18 marzo 2009

La desertificazione

La desertificazione è un fenomeno di degrado del suolo delle zone aride, semiaride e subumide, risultante da vari fattori, inclusi i mutamenti climatici e le attività umane. In pratica si tratta di un processo di progressiva riduzione della capacità degli ecosistemi di sostenere la vita animale e vegetale.
Non è facile riuscire a distinguere gli effetti prodotti sull'ambiente dalla cattiva gestione delle risorse da quelli derivanti dal naturale processo di trasformazione degli ecosistemi. L'assetto dei deserti e dei territori confinanti è naturalmente soggetto a mutamenti legati all'andamento delle precipitazioni (che sono molto instabili e possono variare di giorno in giorno o di stagione in stagione) e al perdurare di lunghi periodi di siccità (che si protraggono anche per anni).
Nel caso del Sahel i 5 anni lunghi anni di siccità che hanno colpito la regione negli anni Settanta hanno portato alla desertificazione di vaste superfici.

Il fenomeno ha assunto tuttavia dimensioni eccezionali in conseguenza delle attività dell'uomo: una pesante carestia che ha interessato numerosi stati del Sahel occidentale, il Ciad, il Niger, l'Alto Volta, il Senegal e la Mauritania , ha causato la morte di oltre 200.000 persone.

CAUSE ED EFFETTI

Nei due decenni precedenti si erano registrate precipitazioni superiori alla media, rendendo possibile la coltivazione di suoli normalmente aridi. Molti contadini si spinsero verso nord, dissodando le terre poste ai margini del deserto fino ad allora regno della pastorizia nomade.
Contemporaneamente in quegli anni i paesi del Sahel occidentale incentivarono l'agricoltura d'esportazione, favorendo la monocoltura di arachidi e cotone in estese piantagioni.
Lungo queste nuove frontiere agricole si concetrarono alte densità umane che gravarono su un territorio assolutamente inadatto a sostenerle.
Venne praticata l'irrigazione che, in conseguenza dell'elevata evaporazione, determinò nei suoli un'alta concentrazione di sali. Per poter coltivare questi terreni era necessario incrementare progressivamente l'irrigazione per consentire lo scioglimento e l'asportazione dei sali.
Per contro vennero limitate le superfici agricole dedicate all'agricoltura di sussistenza.
Inoltre i pastori nomadi, sospinti dall'espansione delle superfici coltivate, concentrarono le greggi in aree più ristrette ed intensificarono la denudazione del manto vegetale.
Lo sfruttamento delle oasi divenne intensivo, la costruzione di nuovi pozzi abbassò le falde.
Con l'avvento dei lunghi anni di siccità i contraccolpi sono stati drammatici:i territori disboscati, resi sterili e salinizzati, vennero abbandonati e la fronte del deserto avanzò di 100 chilometri.
Il problema della desertificazione fu trattato per la prima volta in modo globale nel 1956 quando, a Rio de Janeiro, si tenne il convegno dell'Unione internazionale dei geografi; il termine "desertificate" designava in quella sede le regioni tropicali dell'Africa soggette a un uso non corretto delle risorse. Successivamente si tennero i meeting di Montreal del 1972 e di Mosca del 1976. Nel 1977 ebbe luogo a Nairobi la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Desertificazione. A partire dal 1984, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (Unep) ha promosso e coordinato diverse iniziative volte a prevenire e arginare il fenomeno della desertificazione. Nel 1992, fu adottata la -Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta contro la desertificazione, nei paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione, in particolare in Africa-. I paesi membri si sono riuniti per la prima sessione della Conferenza delle Parti (COP) a Roma nel 1997. Di desertificazione si occupano anche varie agenzie ONU tra le quali FAO, il Programma ONU per lo Sviluppo (UNDP), l'Organizzazione Meteorologica Mondiale, UNEP, UNESCO.
La definizione ufficiale, adottata dalla Convenzione dell'ONU per Combattere la Desertificazione, concorda sulla compartecipazione di diverse cause alla base di questo fenomeno: "La desertificazione è la degradazione della terra in aree aride e semi-aride, risultante da vari fattori, tra i quali le variazioni climatiche e le attività umane".


Ciò che è importante sottolineare, è che a causa della desertificazione il suolo si impoverisce progressivamente delle sue proprietà chimico-fisiche che lo rendono fertile e lavorabile, fino al punto da non riuscire a sostenere l'insediamento di comunità animali e vegetali e, quindi, l'equilibrio dell'ecosistema, la realizzazione di pratiche agronomiche e quindi la sopravvivenza delle persone che ci vivono.
Alcune iniziative, tuttavia, hanno effettivamente contribuito a frenare il processo di desertificazione: in alcune regioni poste ai margini del Sahara, ad esempio, sono state impiantate "cinture vegetali" formate da schiere di alberi particolarmente resistenti: nel Sahel, tale pratica ha consentito di strappare alla desertificazione centinaia di ettari di terreno e di salvare alcuni villaggi che altrimenti sarebbero scomparsi.
Le soluzioni adottate più di recente si differenziano radicalmente da alcune impostazioni precedenti. In particolare, si valorizzano ipotesi di intervento mirate a un determinato territorio, dando maggiore rilievo al coinvolgimento delle comunità locali, al ripristino di preziose pratiche tradizionali e alla rivalutazione del ruolo delle comunità rurali per limitare il degrado del territorio. Inoltre, mentre in passato si tendeva a cercare soluzioni di tipo prevalentemente tecnico-agronomico, oggi si tende ad affrontare la globalità del problema, spesso strettamente associato alla continua crescita demografica, nonché a fattori di natura politica e socioeconomica.


ALCUNI DATI SUL FENOMENO
  • il 39% circa della superficie terrestre è affetta da desertificazione
  • 250 milioni di persone sono direttamente a contatto con la degradazione della terra nelle regioni aride
  • più di 100 Paesi nel mondo sono interessati dal fenomeno
  • la perdita di reddito imputabile alla desertificazione è circa di 45 miliardi di dollari ogni anno
  • il 70% dei terreni aridi utilizzati per l'agricoltura sono già degradati
  • la desertificazione impoversice le possibilità di produzione alimentare: ogni anno 12 milioni di ettari vengono persi
  • la desertificazione impoversice la biodiversità

l'Impero Songhai

I Songhai sono una popolazione dell'Africa occidentale stanziata nel bacino del medio corso del fiume Niger, il cui impero raggiunse il massimo splendore nel XV e XVI secolo. I songhai erano pescatori e commercianti provenienti dalla regione di Dendi (Nigeria nord occidentale).
Nell'VIII secolo estesero gradualmente il loro dominio e nel secolo successivo si stanziarono a Gao, che ben presto divenne una fiorente cittadina commerciale. Venuti a contatto con l'Islam, i songhai abbracciarono formalmente la fede musulmana (attorno al 1000). Per alcuni secoli dominarono la regione, ma furono poi soppiantati dal potente impero del Mali.

Alla fine del XIII secolo il potere dei Songhai era in mano alla dinastia dei sunniti, che poco alla volta ottenne l'indipendenza dal Mali. L'espansione dell'impero Songhai avvenne in modo
particolarmente aggressivo con Sonni Alì, che incorporò nel proprio territorio la parte orientale del Mali, sottomettendo Djenné (1473). Gli succedette Askiya Muhammad, che estese ulteriormente l'influenza dei songhai e fece di Timbuctu un importante centro culturale, ma alla sua morte le rivalità dinastiche e le incursioni degli stati confinanti indebolirono l'impero.
Nel 1591 un assalto di truppe marocchine dotate di armi da fuoco inferse il colpo di grazia all'impero ormai in decadenza.

(a cura di M.P.)

sabato 14 marzo 2009

Il Nilo

Il Nilo è un fiume nordafricano lungo 6650km. E' il fiume più lungo del mondo.
Il Nilo possiede due grandi affluenti, il Nilo Bianco e il Nilo azzurro. Quest'ultimo contribuisce con maggior apporto di acqua e di limo fertile, ma il primo è più lungo.
Il Nilo Bianco nasce nella regione dei Grandi Laghi dell'Africa centrale, con le fonti che si spingono fino al Ruanda, scorre poi verso nord e attraversa la Tanzania, il Lago Vittoria, l'Uganda e il Sudan meridionale.
Il Nilo Azzurro invece ha le sue fonti nel Lago Tana in Etiopia, e scorre attraverso il Sudan sud-orientale. Il Nilo Azzurro scorre per circa 1.400 km fino a Khartoum dovesi unisce al Nilo Bianco formando il Nilo.

La sezione settentrionale del fiume scorre quasi interamente attraverso il deserto, dal Sudan all'Egitto, un paese la cui civiltà è dipesa dal fiume fin dai tempi più remoti. La maggior parte della popolazione egiziana e tutte le sue città si trovano lungo la valle del Nilo a nord di Assuan, e quasi tutte le culture e i siti storici dell'Antico Egitto si trovano lungo le sponde del fiume. Infine il Nilo si dirama in un grande delta e sfocia nel Mar Mediterraneo.

Dalle sorgenti al delta il Nilo attraversa sei paesi africani : Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Sudan, ed Egitto, ma il suo bacino idrografico include proporzioni della Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Etiopia ed Eritrea.

Il fiume scorre in direzione nord attraversando una vasta zona desertica fino a raggiungere il lago Nasser, un bacino artificiale formato dallo sbarramento della diga di Assuan. Attraversa il confine fra Sudan ed Egitto. Nella zona desertica dell'Egitto il Nilo forma un'oasi fluviale larga dai 5 ai 20 km utilizzabile per la coltivazione.
Il Nilo, ottenendo acqua dall'Atbara circa a metà del suo percorso verso il mare, da questo punto in poi tende a diminuire la sua portata d'acqua a causa dell'evaporazione.

Il corso del Nilo in Sudan è caratterizzato dalla presenza di 6 gruppi di cataratte, la prima a Aswan, la sesta a Sabaloka (appena a nord di Khartoum) e compie come un giro su se stesso ripuntando verso sud prima, di ritornare a scorrere verso nord.
A nord del Cairo, il Nilo si divide in due rami che confluiscono nel Mediterraneo: il Ramo di Rosetta va a ovest e il Damietta va a est che danno vita così a un Delta che si estende su 24000 kmq di superficie.
Il Nilo è stato ed è tuttora utilizzato per il trasporto di merci lungo il suo percorso. Mentre la maggior parte degli egiziani vivono ancora nella valle del Nilo, la costruzione della Diga di Assuan per fornire energia idroelettrica ha interrotto le inondazioni estive e il rinnovo del terreno fertile.

Storia
Il Nilo è strettamente legato allo sviluppo dell'antica civiltà egiziana, con la maggior parte della popolazione e delle città situate nella valle di Assuan. Il Nilo è stato vitale per la cultura egiziana sin dall'età della pietra. Il cambiamento climatico e il progressivo inaridirsi dei pascoli e di quelle terre d'Egitto che hanno dato vita al Sahara, già nel 1800 a.C. presumibilmente hanno spinto gli abitanti a migrare verso il fiume, dove poi hanno sviluppato un'agricoltura sedentaria e di una società più centralizzata.

Nigeria - il mangiare

Il mangiare nella cultura Igbo, e in questo caso potrei anche osare a dire nella cultura africana, è molto importante e significativo, è il momento in cui tutta la famiglia si unisce, o meglio, dovrebbe unirsi. In effetti, non c'è un'esagerata attesa per chi si ritarda, dopotutto, ci deve essere sempre una certa quantità nella pentola appositamente aggiunto, sia per un'eventuale membro della famiglia che non c'è al momento del pasto sia per un estraneo che potrebbe arrivare in qualsiasi momento senza un invito. Quando si tratta del mangiare, la porta è sempre aperta a tutti, o quasi sempre, considerando l'austerità degli ultimi tempi. Comunque, rimane il simbolo di dare il benvenuto ad un'ospite: infatti, dopo il cordiale saluto "sei il benvenuto a casa mia" e il successivo invito ad accomodarsi in una sedia, non è affatto strano sentirsi chiedere se volesse mangiare o bere qualcosa, prima di chiedere il perché della visita -s'è necessario. Se si tratta di persone anziane, tale rito comincerebbe con la "noce di cola", che tutt'oggi rimane in Igbo il segno di dare e di accettare il benvenuto. Chi non offre niente senza dare una giustificazione adeguata dà il segno di non gradire tale visita, e dall'altra parte chi lo rifiuta nello stesso modo dà il segno di aver fatto una visita non pacifica. Una donna si sente onorata, nel villaggio, quando una persona o un gruppo di ragazzi le chiedono se ha preparato qualcosa da mangiare. Quando arriva l'ora di mangiare, non è gradevole chiedere chi si trova a casa tua se vuole mangiare o no, la sua presenza automaticamente vuol dire aggiungere un altro posto a tavola, una domanda del genere spesso ottiene un "no" come risposta, un "no" spesso forzato. Nei villaggi africani è normale vedere il capo famiglia mangiare separatamente mentre il resto della famiglia mangia insieme, diciamo che sia una specie di rivendicazione del ruolo o della posizione da parte sua, nonché il rispetto dovuto come "la fonte" di quel cibo. Infatti, tradizionalmente, in molti casi, la moglie chiede al marito cosa vuole mangiare per ogni dato pasto e la sua scelta diventa la menu di tutta la famiglia.
In Africa, si mangiano delle cose fresche, dovuto al fatto che ogni famiglia ha un orto vicino casa da dove provengono le verdure e le frutte, ma è dovuto anche al fatto che in molte parti non ci siano elettricità e lì dove c'è, spesso manca la luce. E quindi non c'è mezzo per conservare le cose fresche se non quello di seccarle.
Tra i variatissimi cibi che si trovano in Africa, in Igbo e in Nigeria, il cibo considerato classico per cerimonie e feste ufficiali ( matrimonio, compleanno, ecc.) è il riso: ci sono diversi modi per prepararlo (vedere la Cucina Nigeriana e Africana nell'archivio), ma i tre modi principali sono "il Jellouf, riso fritto e riso in bianco con il sugo aparte. Poi, c'è il piatto considerato tradizionale, cioè "fufu', che consiste nel preparare una specie di polenta con la farina di manioca o "igname" (in Italia con farina di semola o puree di patata) da una parte e zuppa per mangiarlo. Tradizionalmente, questo cibo necessita di mangiarlo a mani nude, anche se nella mensa di scuola media-superiore ci si obbliga di usare le posate. Un professore italiano che aveva insegnato in una delle università in Igbo mi disse: "Oh, quando ho visto gli altri professori e tutti gli studenti mangiarlo con le mani nude, anche io mi sono lavato le mani e devo dire che è stata un'esperienza squisita."
Molti dei piatti sono unici, eccetto in casi rari. Ed in alcuni casi, i membri di una famiglia o un gruppo di amici possono mangiare dallo stesso piatto, e in quei casi il "secondo" che si troverebbe nel piatto si dividerebbe a occhio. In cerimonie grandi, il secondo (pesce o carne, o entrambi) viene separato e messo da parte, e poi diviso dopo il pasto. In Igbo, il secondo più prezioso che si potra mai utilizzare per il "fufu" è lo stoccafisso. Durante la guerra civile (tra Biafra - gli Igbo e Nigeria) durata tre anni, gli aiuti che si potevano mandare al popolo Igbo furono, appunto, le cose stagionate o a lunga conservazione, e lo stoccafisso che veniva dai paesi scandinavi rimane tutt'oggi il pesce e il secondo più prezioso che si possa offrire ad un Igbo.

(a cura di S. C.)

Nigeria - il Natale

In Igbo - Nigeria - Africa, il Natale, come d'altronde in quasi tutte le parti del mondo, è ormai diventato la festa più importante o più celebrato dell'anno, sia per i cristiani, sia per i non cristiani. In Africa, è sicuramente la festa meglio celebrato "in famiglia", nel luogo di nascita, e meglio ancora s'è nei villaggi. In questo periodo, gli Igbo, che sono emigrati nelle altre città della Nigeria, del continente e del mondo, sono attesi dalle loro diverse famiglie, e ritornare a casa per festeggiare il Natale rimane uno dei regali più importanti che si possa fare ai propri genitori e agli altri parenti a casa. Chi non si fa vedere per tutto l'anno è automaticamente condonato da tutti se al Natale riuscisse a farsi vivo.
Il clima è quello del "harmattan", una specie del nostro "inverno": la temperatura oscilla tra 20°C e 33°C , l'aria è fresca e asciutta (si può mettere la felpa), e non piove quasi mai in quel periodo di stagione secca. L'albero di Natale è solitamente situato all'inizio della stradina che conduce ad ogni casa, formando una specie di arco: fatto da due rami dell'albero di palma, le foglie sono raccolte a forma di treccine e poi decorato con un fiore particolare della stagione. L'atmosfera è molto vivace e gioiosa, si rincontrano delle persone che non si vedevano da tanto tempo, si va da casa a casa per salutare gli anziani e a portagli dei regali. Non esiste una propria tradizione dello scambio dei regali tra amici e parenti, ma i genitori hanno il compito di fare dei regali ai più piccoli della famiglia: consiste solitamente in nuovo abito, scarpe, orologio e capellino.
Poi, i figli che stanno meglio economicamente fanno i regali agli altri membri della famiglia.
Il giorno di Natale inizia con la solita lunghissima messa celebrata nella chiesa della comunità per i più credenti - molti vanno solo per farsi vedere con i nuovi vestiti che vanno messi per la prima volta in quel giorno - mentre gli altri restanno a casa per cominciare a preparare per il pranzo di Natale: c'è chi macella il pollame, chi la capretta e chi la muta, molti dei quali sono stati allevati in famiglia da tempo. Insomma, qui si fa come si dice da noi: "Tagliarsi la giacca secondo la propria misura". Il piatto tipico per il pranzo è il riso: in bianco accompagnato con il sugo fritto, uno dei simboli è quando si sente il classico rumore delle cipolle che vengono immerse nell'olio bollente e vedere il fumo che esce dalla cucina di ogni casa. Si mangia e si beve tanto, cercando di onorare degli inviti dalle case intorno e come al solito è vietato dire "ho già mangiato"
Ovviamente, anche il nostro Natale inizia dalla vigilia, ma in maniera un po' diversa: oltre alla "messa di mezzanotte", l'associazione giovanile del villaggio solitamente va da casa a casa cantando il canto di Natale e in ritorno riceve diverse donazioni da ogni famiglia, soprattutto in denari, che saranno poi utilizzati per i progetti dell'intero villaggio. Il periodo natalizio è considerato il classico per cercare dei fondi sia da parte della chiesa di ogni comunità (un insieme di un certo numero di villaggi), sia dalle diverse organizzazioni che ci sono, ma sempre per le opere di utilità pubblica: scuola, strade, chiesa, acqua, ecc. Il "bazar" - una vendita di beneficenza - viene organizzata dalla comunità, di solito il 26 dicembre: consiste nel vendere all'asta, ai più benestanti, degli oggetti vari donati dalle persone di buona volontà. In quel giorno viene anche organizzato vari tipi di giochi ed altre attività di divertimento per i bambini. E' indubbiamente anche il momento dell'anno più dedicato ai numerosi festiva[ e alla socializzazione interpersonali, tra i villaggi e tra le comunità, attraverso balli tradizionali e incontri sportivi. Mentre le donne di ogni villaggio si presentano con nuovi canti e balli che vanno eseguiti in costumi tipici, uguali per tutti i membri, gli uomini invece si presentano con balli "mascherati" eseguiti in forma di carnevale. Le attività festive offerte variano da un villaggio all'altro ed offrono decisamente degli spettacoli memorabili, forse il periodo più consigliabile per una visita turistica.
Le attività sportive svolgono ruoli molto importanti per determinare i villaggi o le comunità più forti dal momento in cui non ci sono più le guerre armate tra di loro, per fortuna. Ed esse consistono nella "lotta greco-romano" e più modernamente nel gioco di calcio. Di solito, le persone benestanti donano dei trofei da contendere tra i vari villaggi e le varie comunità.
Gli emigrati sono naturalmente considerati "benestanti" e quindi tanto è preteso da loro. E' il momento per le riconciliazioni tra le persone e tra le famiglie. Molte celebrazioni matrimoniali, sia tradizionali, sia di chiesa sono programmate in questo periodo e tradizionalmente non ci sono mai un numero limitato di persone invitate, perché più persone ci sono, più è considerato di successo.
Tradizionalmente, il nostro capodanno è ormai come all'occidente: si organizzano delle feste per ballare e divertirsi. A mezzanotte si buttano vecchie cose, si fanno i botti, si fanno delle risoluzioni che saranno poi difficilmente rispettate.

(a cura di S.C.)

Nigeria - alcune tradizioni


La Nigeria gode di un gran numero di usanze e tradizioni, culture e festival.
Una delle tribù più tradizionali della Nigeria è la tribù degli Igbo. Un' importante tradizione Igbo è la noce di cola che simboleggia l'ospitalità. In qualsiasi villaggio l'uomo più anziano è presentato con la noce di cola, che sta a significare un'importante ruolo sociale. Quando in una riunione compare la noce di cola, l'argomento da discutere viene considerato molto importante.
Per gli Igbo, molto importante è il matrimonio. Infatti va oltre l'unione sessuale e permette a delle persone di vivere insieme e cooperare in una vita. Nel matrimonio Igbo la sposa ha un prezzo, infatti l'uomo deve dare dei soldi alla famiglia della donna. Solitamente la donna preferisce il matrimonio in chiesa o civile. Inoltre nella cultura di questa tribù esiste anche il divorzio. Ma prima di prendere decisioni così importanti viene fatta un'audizione degli anziani del villaggio.
La nascita di un figlio nella culture Igbo viene considerata molto importante. Infatti credono che la ricchezza della famiglia sia dovuta dal numero dei figli: più figli si avevano più ricchezza si possedeva, perciò avevano famiglie molto numerose. Inoltre credono alla reincarnazione, pensando così che un loro vecchio parente si sia reincarnato nel loro figlio.
La morte non viene vista come una distruttrice di vite, ma come un mezzo di transizione per un'altra vita. Il popolo Igbo crede fortemente nel destino e quindi è solito ad accettare la sorte anche quando a morire è un giovane. Il funerale è molto importante in quanto viene manifestata l'importanza della persona morta. Per festeggiare una vita ben vissuta si mangia, si canta, si balla e si beve, anche per alcuni giorni.
Una delle occasioni più importanti nella vita di ragazze e ragazzi della cultura Igbo è l'iniziazione alla vita adulta attraverso il rito di passaggio. Il rito di circoncisione, con cui un bambino è iniziato nella sua cultura, accade sull'ottavo giorno dopo la nascita, quando egli o ella è circonciso. Tradizionalmente, l'operazione era eseguita da un'ostetrica,ma dalla metà del ventesimo secolo, questa leggera operazione chirurgica è fatta principalmente dai medici per le ragioni igieniche.

(a cura di F. F.)

sabato 7 marzo 2009

Le guerre dimenticate

ETIOPIA-ERITREA

Dal maggio 1998 Etiopia e Eritrea si disputano alcune centinaia di chilometri, il cosiddetto triangolo di Yrga. Alla base del conflitto lo sbocco al mare dell'Etiopia, un problema che si strascina da decenni.

Secondo fonti delle forze armate eritree durante i combattimenti sono stati uccisi 850 soldati etiopici, feriti 3.100, e 13 sono stati fatti prigionieri.

Una tipica guerra di confine.

ANGOLA

Dal giorno della sua indipendenza dai portoghesi, nel 1975, questo paese dell'Africa meridionale ricco di petrolio e materie prime, non ha conosciuto un solo giorno di pace.

Lo scontro tra il partito di governo Mpla e il movimento di liberazione Unita non si è ancora concluso.

Un debole accordo di pace del 1991 è stato subito violato dall'Unita che nelle elezioni del 1992 non ha accettato i risultati elettorali.

Un secondo accordo di pace del 1994 (accordo di Lukasa) ha subito la stessa sorte: non ha trovato alcun rispetto da parte dei guerriglieri dell'Unita che controllano la maggior parte dell'est del paese. Capo dei ribelli è Jonas Savimbi, il signore della guerra dell'Unita interessato al controllo di petrolio e diamanti.

Gli scontri tra governo e Unita, sono ripresi lo scorso dicembre e da allora oltre un milione di angolani ha abbandonato le loro case.

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO (ex Zaire)

Formalmente si tratta di una guerra civile che vede opposti il regime di Laurent Kabila e i suoi oppositori. In realtà la guerra coinvolge molti paesi centrafricani ed è la più complessa di tutto il Continente.

Nel conflitto riesploso 11 mesi fa sono coinvolti il Ruanda e l'Uganda (che appoggiano i ribelli) e l'Angola, lo Zimbabwe, la Namibia che sostengono il governo di Kinshasa.

Nel 1997 Kabila entrò a Kinshasa e cacciò il dittatore Mobutu Sese Seko con l'aiuto dei paesi di etnia Tutsi e dei loro cugini del Ruanda. Kabila, andato al potere con l'aiuto dei tutsi, oggi li vive come una minaccia.

SIERRA LEONE

La debole democrazia di Freetown è minacciata da una delle più brutali guerre del tempo che va avanti da anni.

Da una perte i ribelli del Ruf, il Fronte rivoluzionario unito, (sostenuto, si dice, da Charles Taylor, il leader della Liberia che ha puntato gli occhi sulle miniere di diamanti della Sierra Leone), dall'altra il governo del presidente Ahmed Tejan Kabbah. Il conflitto si è intensificato in gennaio quando gruppi di ribelli sono entrati a Freetown uccidendo intere famiglie.

Nella guerra è entrato anche un altro paese africano, il Burkina Faso che ha inviato mercenari a combattere i ribelli del Ruf.

SOMALIA

A otto anni dal rovesciamento del regime di Siad Barre che governò per 21 anni, il paese è ancora nelle mani delle frazioni rivali, senza un governo centrale.

Il Somalilnad, al nord, si è proclamato indipendente, e la stessa strada ha preso il nord-est del paese.

La capitale è divisa tra due signori della guerra, Hussein Moamed Aideed e Ali Mohammed. Morti: circa 100 mila.

La Somalia è la più grande sconfitta dell'Onu che ha "abbandonato" il paese a sé stesso, in una totale anarchia dove sono ormai difficili anche gli interventi umanitari e alimentari.

RUANDA - BURUNDI

Le due ex colonie belghe sono state teatro di ripetuti massacri tra le etnie tutsi e hutu, culminati nelle carneficine del 1994 (mezzo milioni di morti solo in Ruanda) e del 1996.

Il Fronte patriottico ruandese, al potere dal 1994, non è riuscito a pacificare il territorio.

La guerriglia Hutu nel nord è diminuita di intensità dopo l'intervento delle truppe ruandesi a fianco dei ribelli congolesi.

Morti: più di 1500 nel 1998.

SENEGAL

C'è un conflitto endemico tra le truppe senegalesi e il Mfdc (gli indipendentisti della Casamance, una provincia del sud), che chiedono l'autonomia.

Dura da sedici anni e ha fatto migliaia di morti.

Allinea a destra(a cura di L.P.)